17/6/2001: e venne il giorno

L’attesa spasmodica per quel fatidico giorno arriva dopo una settimana di tensione clamorosa. Il gol preso da Antonioli negli ultimi minuti contro il Napoli è una presenza ingombrante in tutte le attività giornaliere. Il pensiero va inesorabilmente a quel momento.

Allora ero solo uno spensierato 15enne e la papera di Antonioli era (forse) l’unico grattacapo della mia esistenza. Il 17 giugno 2001 spero di svegliarmi direttamente alle 15, ma le levatacce per andare a scuola sono ancora presenti e alle 7.10 già non si dorme più.
Arrivare alle 15 senza pensare alla partita è complicatissimo.

Accendi la televisione e parlano della Roma, su tutti i canali. Pure il televideo. E per fortuna che internet era ancora un servizio poco conosciuto nel mio paese.
Dopo ore a girarmi inutilmente nel letto, decido di alzarmi e provare ad uscire per cercare di pensare ad altro. Ma il paese è piccolo e clamorosamente romanista. Quale può essere l’argomento del giorno?

I più anziani ricordano lo scudetto del 1982/1983, c’è chi invece ricorda che la Roma quelle partite le sbaglia sempre (vedasi la gara contro il Lecce o la finale contro il Liverpool). Io invece sono clamorosamente scaramantico e cerco di non pensare ad altro.

Passano le ore ed arrivano le 15 e come tutte le domeniche vado dagli zii. L’atmosfera è strana rispetto a tutte le altre volte. Per strada non c’è nessuno e si sente solo il rumore di qualche forchetta che cade sul piatto e i commenti pre-partita provenienti dai televisori sintonizzati sul match.

Da zii invece è tutto diverso rispetto al solito: luce spenta e nemmeno un minimo accenno a qualcosa di giallorosso in casa. Anche il classico saluto diventa un momento di distrazione. Cala l’assoluto silenzio in casa e a telecronaca di Massimo Tecca è l’unico elemento che accompagna quel momento di ansia.

Da subito si intuisce che questa volta non si sbaglia e la Roma è uno schiacciasassi già dai primi istanti di gioco. La notizia della Juventus in vantaggio già al 5° minuto è una mazzata tremenda. Ma a casa non si commenta nemmeno quello.

Ore 15.19: Candela entra in area e la mette al centro per Totti. Il mio mondo in quell’istante si ferma per un secondo prima che il Capitano butti dentro il pallone. L’urlo liberatorio spacca letteralmente casa e tutto il centro storico di Olevano Romano. Ma nessuno osa parlare o tirare fuori quella parola. Manca ancora tanto, troppo tempo.

Ore 15.39: Batistuta si invola verso la porta di Buffon, il tiro deviato finisce sui piedi di Montella e sono due!!! SI può dire che è fatta? MAI!!! Finiti i festeggiamenti per la seconda rete, si torna in assoluto silenzio fino a fine primo tempo. Anche durante la pausa la luce resta incredibilmente spenta. Il tempo di un caffè al volo e tutto torna a tacere.

Nella ripresa un gol annullato ingiustamente a Montella ci dà qualche brivido di troppo. Specialmente quando il Parma si fa vedere sottoporta con più costanza. Ma è un fuoco di paglia che Batistuta sa estinguere al minuto 78. Ora si può dire quella parola? NO! Neanche adesso che siamo 3-0.

I minuti che restano non sono più un’agonia, la festa è nell’aria e a poco importa il gol di Di Vaio. L’invasione di campo e Capello indiavolato coi tifosi è l’ultimo brivido ma al triplice fischio di Braschi finalmente si può dire: SCUDETTO!

La festa può iniziare, si accendono le luci in sala e spunta la bandiera che gli zii custodiscono gelosamente dal 1983. Ci si riversa tutti in strada e al centro di Olevano Romano c’è già chi fa festa e stappa. Giovanni (uno dei ristoratori più forti del pianeta) tira fuori una bottiglia di Magnum, mentre tutti intorno urliamo a squarciagola tutta la formazione giallorossa al modo di Carlo Zampa.

Mentre nel paese ci sono caroselli ovunque, ne approfitto per andare a trovare i nonni che hanno seguito la partita nel ristorante sotto casa. L’emozione è tanta, con mio nonno che esultava gridando “Je l’avemo fatta, mò speramo de non fa passà artri 18 anni”.

A nò, ovunque tu sia, sappi che ne so passati pure de più…

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