Il posticipo domenicale della seconda giornata di campionato ha visto in scena un classico del calcio italiano: Roma-Juventus. I giallorossi sono andati vicini alla vittoria, sfuggita per i tanti errori sotto porta e l’indecisione decisiva sul colpo di testa di Ronaldo. La gara ha dato diversi spunti tattici utili per analizzare anche l’andamento delle prossime partite. Andiamo a vederli insieme.
Il pressing della Roma
Se c’è una cosa che Fonseca ha veramente migliorato nella Roma, e i benefici si sono visti soprattutto in Roma-Juventus. Soprattutto nel primo tempo, ogni volta che la squadra giallorossa perdeva palla, si azionavano dei meccanismi ben consolidati di riconquista, che non hanno permesso alla Juve di sviluppare le transizioni offensive che voleva Pirlo.
Sprazzi di gegenpressing che hanno anche fatto esaltare i 1.000 ma rumorosissimi sostenitori romanisti che erano presenti all’Olimpico.
Il sistema era di certo aiutato dalla presenza in rosa di tre centrali difensivi come Ibanez, Mancini e Kumbulla, provenienti da squadre che hanno difeso negli ultimi anni con una mentalità molto aggressiva, accorciando molto il campo in avanti per provare un intervento sempre al limite, ma utile a spezzare i ritmi degli avversari ed anche ad azionare delle transizioni veloci.

Le transizioni
Le occasioni migliori della Roma sono arrivate su transizioni offensive, sia lunghe che corte. Ad esempio, l’azione che ha portato al fallo di mano di Rabiot, e di conseguenza al rigore di Veretout, nasce proprio da un intercetto intelligente del francese, che recupera la palla proprio quando la Juve è scoperta, intenta ad organizzare l’azione di attacco, e si ritrova improvvisamente in inferiorità numerica dentro la propria area di rigore.
Interessante anche analizzare l’azione del gol del 2-1. La Juventus gioca male una punizione inattiva, la Roma vince per 2 volte la seconda palla, fino a quando la sfera non arriva sui piedi di Dzeko (che era nella propria area per difendere) ed innesca il contropiede con un tocco di prima per i 3 compagni che si erano già predisposti ad attaccare l’area juventina, difesa in maniera flebile dal solo Cuadrado.
L’impressione, che nasce anche dallo scorso campionato, è che la Roma renda ancora meglio quando ha campo davanti a sé, e soluzioni per colpire con la squadra avversaria scoperta.
Il ruolo di Pellegrini
Fonseca aveva annunciato il grosso cambio nella conferenza pre Roma-Juventus: non sarebbe sceso in campo Diawara, ma sarebbe stato Pellegrini ad abbassarsi a centrocampo. Una scelta paradossalmente offensiva, nata alla vigilia di una gara che si prospettava di difesa per la Roma. E invece è stata una scelta coraggiosa e che, in fin dei conti, ha pagato i dividendi.
Fonseca non vuole rinunciare facilmente all’ex Sassuolo, alla sua creatività e alla sua visione, nonostante non sia in periodo positivo ormai da mesi. Pellegrini ha assolto al compito in maniera diligente, aiutando la squadra nella fase difensiva.
Pellegrini in Roma-Juventus è stato il terzo per numero di pressioni fatte (16, dietro Mkhitaryan e Pedro) ma primo per pressioni vinte (6) e primo per contrasti (insieme a Santon e Ibanez).
Il suo ruolo da mediano, quindi, ha avuto inaspettatamente risvolti positivi più dal punto di vista difensivo che da quello offensivo. Pellegrini ha dato il consueto contributo alla fluidità della manovra, ma non risulta neanche lontanamente fra i primi per distanza progressiva conquistata con i passaggi (statistica in cui, di solito, primeggia), ed anche se ha la percentuale più alta di precisione passaggi fra i titolari (90,9%), in realtà il numero deve essere considerato in relazione ai passaggi tentati, ovvero 33, davvero pochi.
Embed from Getty ImagesVedremo se Fonseca lo riconfermerà accanto a Veretout anche Udine, in una partita totalmente differente, con la Roma che verosimilmente dovrà giocare molto di attacchi posizionali, e quindi il suo contributo in zona offensiva potrebbe variare.
Veretout e la sua importanza
Jordan Veretout non è soltanto diventato l’anima della squadra a livello caratteriale, ma è un giocatore fondamentale anche e soprattutto a livello tattico.
In fase di possesso, viene utilizzato da Fonseca come una vera e propria pedina negli scacchi. Una volta si abbassa fra i centrali con la classica salida lavolpiana, a volte va a piazzarsi come terzo centrale a sinistra, in Roma-Juventus lo abbiamo visto sul centro destra con Mancini alto, praticamente in posizione di terzino.
A livello difensivo Veretout invece è il trigger che alimenta il pressing di tutta la squadra. Nella partita di domenica doveva alzare la pressione su Rabiot (McKennie), e quando lo faceva di conseguenza la squadra si alzava, restando corta e bilanciata.
Paradossalmente, quindi, i due gol per cui è stato celebrato sono solo la punta dell’iceberg. L’importanza di Veretout si vede anche quando fa cose meno appariscenti.
Perché pochi cambi?
La gestione della gara di Fonseca è stata perfetta, fino a quando la Roma non ha ottenuto il vantaggio di uomini. Dall’espulsione di Rabiot in poi la squadra ha come calato la tensione, forse conscia del fatto di avere quasi l’obbligo di vincere a quelle condizioni.
In parte questo calo è nato anche da un fattore fisico. Abbiamo visto come Mkhitaryan e Pedro (entrambi over 30) siano stati i giocatori più attivi in pressione. Perché non cambiare almeno uno dei due per inserire forze fresche?
Fonseca nel post partita si è giustificato affermando di aver scelto dopo aver chiesto ai giocatori stessi se se la sentivano di continuare. È un po’ come chiedere a un bambino se vuole ancora cioccolato, o no…
Probabile che i due potenziali cambi, Kluivert e Perez, non fossero pronti a livello fisico per via delle conseguenze della loro positività al Covid, e questa sarebbe l’unica giustificazione plausibile. Ad ogni modo, c’è da augurarsi che il portoghese nelle prossime gare possa avere più possibilità di cambiare la gara con i cambi, così come molti colleghi stanno già facendo in Serie A.
Lascia un commento