9 punti nelle ultime 7 partite ed eliminazione dalla Coppa Italia: questo il ruolino di marcia della Roma dell’ultimo periodo. Troppo brutto per essere vero. E’ ovvio che c’è qualcosa che non va. Abbiamo provato, con l’intervento di tutta la nostra redazione, a capire cos’è successo alla squadra.
“In questo momento”, spiega Emanuele Giubilei, “la Roma paga le poche idee di un centrocampo che fa fatica nel creare gioco. La difesa è una delle migliori del campionato mentre l’attacco non gode di valide alternative. Il calo di condizione di Perotti ed un Edin Dzeko che sembra tornato quello di due stagioni fa, non facilita di certo la situazione. Lo stesso Schick, considerato da molti come acquisto fallimentare, non è un giocatore da posizionare esternamente nel tridente d’attacco”.
“Penso che Di Francesco”, continua Emanuele, “debba decidere chi schierare tra lui e lo stesso Dzeko e considerare entrambi punte centrali. C’è addirittura chi parla di esonerarlo, di cacciare Monchi o di incolpare Pallotta. Sicuramente hanno le loro colpe, ma non dimentichiamo che questa è l’ennesima stagione di rivoluzioni. La Roma, inoltre, con questi giocatori ha superato un girone di Champions a detta di tutti proibitivo, mostrando un ottimo gioco contro grandi squadre del calibro di Chelsea e Atletico Madrid. Con un top a centrocampo ed una validissima alternativa in attacco, da prendere nel mercato di gennaio, per me si può riprendere un campionato che sembra esser chiuso”.
Si sofferma sulla partita contro l’Atalanta invece, Mauro Mongiello, per evidenziare problemi di qualità di gioco.
Secondo Mauro “La Roma deve correre per rendere, perché manca la qualità per decidere che gara fare e come modulare la propria proposta. Contro l’Atalanta si è avuto forse l’esempio più eclatante: dopo l’espulsione di De Roon, la partita è proseguita sui binari costruiti dai bergamaschi, forse la miglior squadra del campionato quando si tratta di disinnescare le certezze altrui. La Roma non è riuscita a fare giro palla qualitativo, a cambiare lo spartito di gioco e si è finiti con un improvvido 4-1-5 fatto di cross in mezzo all’area, puntualmente intercettati dai centrali nerazzurri. O il mercato dà una mano, e le parole di Monchi (“Non ci sono soldi”) non inducono all’ottimismo, o toccherà a Di Francesco preparare qualcosa di diverso e più adatto al motore della squadra, ossia il centrocampo”.
Problemi di mentalità , ma anche qualche equivoco tattico di troppo, secondo Andrea Angelucci.
“Questa oramai, visto il trend negativo degli ultimi risultati (5 punti nelle ultime 5 partite a cui si aggiunge l’eliminazione dalla Coppa Italia), è più che una certezza: la squadra si è smarrita. La fine della prima parte di campionato certifica che la lotta scudetto sarà ormai un affare per due. Dove sono finite la mentalità, la compattezza del gruppo, la convinzione e la fame che avevano contraddistinto gli uomini di Di Francesco fino al Derby? Emblematiche, a riguardo, sono state le parole di Strootman a nel finale della gara contro l’Atalanta.”
Come se ne esce? Andrea traccia la sua strada. “Senza dubbio, il lavoro da fare per il mister sarà molto. Ripartendo dalla solidità difensiva, il primo punto da risolvere assolutamente è quello legato al gioco: nessuna trama, lentezza e macchinosità, pochi spunti da parte dei singoli e troppi passaggi sbagliati. Per non parlare del fatto che non si riesce più a segnare. In queste settimane si è parlato spesso di Schick e Dzeko, della loro difficile convivenza, essendo purtroppo evidente che il primo fatica a giocare da esterno. Ma la crisi offensiva è dovuta anche alla poca brillantezza degli esterni, e, si sa, senza le ali il 4-3-3 non è pericoloso ma molto prevedibile”.
“Le alternative”, prosegue Andrea, “non sono molte, dato che Under è ancora troppo giovane e Defrel è ancora infortunato. Urge, dunque, trovare delle soluzioni con i mezzi a disposizione per non rischiare di compromettere definitivamente la stagione. Certo, non bisogna dimenticare che ci sono ancora gli ottavi di Champions League contro lo Shakhtar Donetsk da disputare a Febbraio. Sognare non costa nulla, ma pensare di essere all’altezza di una competizione del genere è decisamente eccessivo”.
Davide Aprilini parla invece di una squadra in difficoltà dal punto di vista sia fisico che mentale.
“Cercando di rispondere all’arduo quesito Cosa è successo alla Roma?, si stenta a dare una risposta realmente esaustiva e oggettiva. La verità si trova solo all’interno di Trigoria, ma dall’esterno si può tentare un’analisi approssimativa e del tutto personale. Dunque, a mio modo di vedere dalla trasferta di Genoa ad oggi la Roma ha perso la condizione fisica che non gli permette di realizzare quel pressing ultra-offensivo vitale per il 4-3-3 di mister Di Francesco. Non solo, la quasi totale assenza di feeling con il gol, credo abbia influito negativamente nella testa dei giocatori”.
“Sul piano mentale”, continua Davide, “è una squadra smarrita, impaurita dalle difficoltà che gli si presentano nell’arco della gara; ciò si tramuta in un nervosismo palesato da alcune piccole, ma frequenti, liti in campo tra giocatori. Col venir meno dell’aspetto fisico e mentale, si evidenziano le lacune d’interpretazione dei ruoli e la scarsa duttilità tattica di diversi elementi costretti a giocare fuori dalla loro posizione naturale. Il tutto ingigantito dall’assenza dei risultati e dalle dichiarazioni poco confortanti di giocatori e dirigenti”.
Possibili soluzioni? A giudizio di Davide “c’è da augurarsi che lo spogliatoio giallorosso resti unito e coeso intorno all’allenatore, che a sua volta dovrà esser bravo a far incontrare le sue esigenze tattiche con le caratteristiche dei propri giocatori. La corsa ai titoli è oggettivamente compromessa, ma la stagione può essere ancora positiva qualora la squadra raggiungesse i Quarti di Finale di Champions League e l’accesso alla massima competizione europea per la prossima stagione. Tradotto: minimo terzo o quarto posto”.
Vecchi mali, secondo Giovanni Ammaturo, e problemi legati soprattutto all’aspetto mentale.
“Eccolo qui, te l’avevo detto, puntuale come ogni anno. Nessuno lo aspetta e preciso come un orologio svizzero invece si presenta sempre. Ammettetelo, l’avete pensato anche voi. Pure quest’anno è arrivato il crollo verticale della Roma, il mese di totale black-out che ti ricorda che tu sei forte ma non lo sei stato sempre, o almeno non abbastanza, perché nel mese in cui dovevi accelerare, hai frenato; e le altre, quelle forti, non l’hanno fatto. Ammettetelo dai che forse avete pensato anche che questa stagione è ampiamente compromessa e che ormai c’è poco da fare; che Di Francesco ha sbagliato modulo, cambi o scelte; che Monchi non ha portato campioni e che sì, magari Schick è ‘na pippa e noi non cambieremo mai. Secondi, smarriti, belli e incompiuti.”
“La Roma”, prosegue Giovanni, “è puntualmente incappata nei soliti vecchi errori. Cambiano dirigenti, allenatori, giocatori ma la musica non cambia. Ma come risolvere? Cosa è successo? E soprattutto, perché sempre a noi? Forse, a giudizio di chi scrive, si fa prima a rispondere alla terza domanda. La chiave è il salto di qualità a livello mentale di gruppo e dei singoli che Spalletti prima e Di Francesco poi chiedevano, la mentalità vincente, il DNA. Alla Roma forse manca quel misto di cattiveria, professionalità, carica agonistica, tensione, abitudine e maturità che in Italia inseguono tutti, ma che alla fine hanno sempre quegli altri”.
“Non è un caso che alla Roma la concentrazione e la mentalità siano mancate nei giorni in cui il suo miglior giocatore inciampa in un episodio che trasuda ingenuità, immaturità e poco professionismo. Come se Radja avesse voluto ricordarci perché caliamo nei momenti cruciali, perché facciamo fatica ad arrivare in fondo. Mentalità, concentrazione; e magari questo conta più del gioco espresso (comunque rivedibile, faccia qualcosa Mister!), di una difesa meno sicura e dei palloni che continuano a non voler entrare. Forse c’è qualcosa che governa il tutto e che ha il potere di sbrogliare la matassa: la forza mentale. (Citofonare casa Strootman e casa Kolarov)”.
Piero Farenti pone invece l’attenzione sul rapporto calciatori – allenatore.
“Onestamente credo che il problema sia legato al fatto che ultimamente non si remi più tutti uniti nella stessa direzione. Il calcio di Eusebio Di Francesco è molto dispendioso sia dal punto di vista fisico che da quello mentale, in partita come in allenamento. Credo che ci sia qualcuno (non so chi) che non abbia troppa voglia di sostenere certi ritmi. L’intervista di Strootman e l’arrabbiatura di Kolarov durante la gara persa contro l’Atalanta, sono il sintomo che qualcosa si sia rotto dentro lo spogliatoio. A Monchi e Di Francesco il difficile compito di riunificare un gruppo che stava andando a gonfie vele fino ad un mese e mezzo fa”.
“In ogni caso”, continua Piero, “niente drammi. Profilo basso, lavoro e tanto spirito di sacrificio. Niente è perduto, abbiamo le pitenzialità per tornare ad essere quelli di prima”.
Problema totalmente psicologico, a giudizio di Mattia Maiorana.
“È evidente che nella Roma sia andata persa quella brillantezza con la quale erano stati portati a casa i tanti risultati positivi; dalla qualificazione con primato in Champions, alla lotta con le prime del campionato, con una gara in meno, frutto principalmente di una solidissima difesa che aveva e sta smentendo gli scettici di inizio anno. Risultati per certi versi anche al di sopra delle aspettative, fino al derby. Oggi si evince tanta confusione, insicurezza, e la forza mostrata da questo gruppo è andata affievolendosi al punto che sembra essere ricaduti in un periodo di black out come negli anni passati. Questo nonostante chiunque stentava a credere che potesse accadere anche quest’anno che avevamo dimostrato di essere all’altezza anche di noi stessi, oltre che degli avversari”.
“Ricercare la soluzione del problema sul mercato”, prosegue Mattia, “sui moduli e sui tatticismi sarebbe inutile, perché quando l’aspetto psicologico rappresenta il problema, anche coloro che dovrebbero risollevarti fallirebbero. Su questo va ad inficiare il carico dei tifosi, come ogni anno. Di quelli che Manolas aveva smesso di giocare, Fazio non era adatto, Palmieri un giocatore da serie B e Kolarov solamente un laziale che mai potrà essere accettato e sostenuto. Di quelli che Di Francesco fino al derby era una piacevole sorpresa ed ora è da ricoverare e licenziare. Mi rendo conto che i calciatori non possono essere diventati scarsoni da un giorno all’altro (quindi è inutile auspicarsi rivoluzioni continue). L’allenatore, inoltre, non può passare da perfetto condottiero ad inadatto in un mese. La condizione fisica non può essere pessima (vista la gestione della rosa) e nessuno scende in campo per perdere”.
“Semplicemente”, conclude Mattia, “certe cose non si comprano. Bisogna solo lavorare, imparare a tenere botta alle fortissime pressioni psicologiche di questa città e non farsi passare per la testa nemmeno minimamente l’idea di esonerare Di Francesco. Abbiamo cambiato innumerevoli allenatori e se la solfa non è cambiata sarà pure ora di fondare, indipendentemente da un piazzamento di fine anno, un progetto tecnico duraturo, cercando di disintossicarsi dai chiacchiericci e le maldicenze”.
Di problemi legati all’ambiente romano, parla invece Emanuele Venditti.
“Ne abbiamo viste tante, forse troppe, ma tutte uguali. Nel momento migliore, quando serve quel passo in più per dimenticarci una volta per tutte quei fantasmi storici, che ogni anno si ripresentano sistematicamente, la Roma si ferma. Inchioda improvvisamente e lo fa nel modo peggiore, non per questioni fisiche o tattiche, ma per questioni mentali. Problemi che si manifestano solo in questa città (non dite che alla Lazio no, sto parlando della città di Roma)”.
“Eppure”, continua Emanuele, “nel corso degli anni abbiamo cambiato giocatori, allenatori dirigenti e presidenti, ma la storia non cambia. Sempre la stessa melodia (stonata) che accompagna la stagione giallorossa. C’è chi individua il problema negli americani, dimenticandosi del passato, come quella stramaledetta notte del 25 aprile 2010, quando una squadra straordinaria, dopo aver dominato il primo tempo contro la Samp ed essere passata in vantaggio, crolla inspiegabilmente nella ripresa, buttando uno scudetto che si stava pian piano cucendo sul petto”.
“Inspiegabile, vero, però c’è una cosa che a Roma, in tutti questi anni non è mai cambiata: la piazza. Sia chiaro, non vi sto dicendo che la Roma non vince per colpa dei tifosi o dei mezzi di comunicazione, però di sicuro non rendono il lavoro facile. Perché questa è una piazza focosa e complicata, dove se batti il Chelsea sei a un passo dalla vittoria della Champions League e se pareggi a Verona con il Chievo devi guardarti le spalle dal Benevento”.
“La piazza dove, in un momento difficile e delicato come questo, non si parla altro di litigi negli spogliatoi, cessioni, esoneri e chi più ne ha più ne metta. Dove non esiste equilibrio, ma soprattutto unione tra tifosi. Quella piazza che una volta spingeva la squadra nei momenti di difficoltà e che ora, invece, spera nella sconfitta della Roma per scrivere sui social: Lo vedi che era come dicevo io. Secondo me è questo uno dei motivi per cui questa squadra non riesce mai a fare quel passo in più”.
Per fortuna però, c’è ancora qualcuno che resta, secondo Emanuele, sempre e comunque vicino alla Roma. “Abbiamo provato a cambiare tutto, tranne la mentalità di questo ambiente. Una mentalità da Real Madrid, con l’unica differenza che qui a Roma s’è vinto poco, ma poco veramente. Fortuna, però, che esiste ancora chi resiste e rimane vicino alla Roma, sempre. Chi non pretende la vittoria e non molla dopo una sconfitta. Bisognerebbe partire proprio da loro, dalla Curva Sud, che contro l’Atalanta, nel momento più brutto e buio, cantava ancora più forte e con orgoglio, per far capire a tutti che la Roma non sarà mai sola”.
Stefano Serrani pone invece l’attenzione sui continui stravolgimenti di mercato che, a suo giudizio, non aiutano a migliorare la squadra.
“Da agosto a gennaio. In 5 mesi l’ascesa e il crollo. Sfregiare una stagione, cominciata nel migliore dei modi, in meno 30 giorni. Analizzare il problema e riaddrizzare la stagione: va bene, magari. Purtroppo, però, non è la prima volta che la Roma si trova in una situazione del genere e allora diventa un problema di pianificazione. Una squadra smembrata ogni anno, con puntualità drammatica, fatica a trovare la continuità che sta facendo la fortuna delle prime 2 in classifica. Unica stagione in cui la rosa è stata veramente arricchita è stata la ’15/ ’16 (dentro Szczęsny, Rudiger, Digne, Salah, Dzeko; fuori Romagnoli e Bertolacci), per il resto un rimescolamento continuo che non ha portato risultati. E nel caos attuale le solite voci di calciomercato. Teniamo i due Pellegrini, rinnoviamo Florenzi. Per piacere”.
Problema di testa, che solo il mister può risolvere, secondo Benedetto Greco.
“Per capire cosa non va nella Roma, sarebbe forse meglio chiedersi cosa è andato bene, benissimo, finora. I meccanismi di gioco di Di Francesco, infatti, si sono integrati con le caratteristiche dei più importanti calciatori della rosa (in particolare Nainggolan e Perotti), l’acquisto di Kolarov ha permesso alla Roma di creare gioco principalmente sul lato sinistro del campo, con personalità e prepotenza, ma soprattutto a livello difensivo dopo anni di vuoto, la Roma ha imparato a pressare in maniera organizzata, mantenendo la squadra corta e permettendo ai giallorossi di segnare molti gol recuperando il pallone dai piedi degli avversari quando questi stanno ancora solo pensando di costruire l’azione”.
“La domanda che sorge adesso”, prosegue Benedetto, “è: può una squadra dimenticare questi principi di gioco, in così poco tempo? La mia risposta è no. Il problema potrebbe stare nella testa di alcuni calciatori, che credevano di poter puntare alla zona più alta della classifica, e invece sono ancora una volta impelagati in una lotta per l’Europa, che a fine anno non porterebbe titoli, ma solo quei milioni che servono per tenere lontane le grinfie del Fair Play Finanziario? Può essere, ma ciò non spiegherebbe l’eliminazione precoce dalla Coppa Italia”.
“L’impressione è che se i problemi iniziali sono stati risolti da Di Francesco con il lavoro tattico, ancora una volta starà all’allenatore trovare dei nuovi accorgimenti. È evidente che Dzeko a volte sia troppo isolato nella costruzione della manovra, ancor di più che la costruzione del gioco è così verticale che quando la squadra capitolina non riesce a trovare gli spazi, si incarta, ma anche che le squadre avversarie sono state veloci a trovare i difetti e i pregi della Roma, e a sfruttarli a loro piacimento (l’Atalanta ha marcato a uomo i terzini, come fa sempre, ed ha attacco il lato meno veloce della difesa giallorossa, quello difeso da Fazio, spesso lasciato in 1 vs. 1 senza il supporto di Kolarov)”.
A Roma, purtroppo, si cade sempre nell’errore più grosso: buttare via il bambino con l’acqua sporca. Anche questa stagione potrebbe essere di transizione, ma attenzione: transizione non vuol dire fallimento. Arrivare quarti per molti sarebbe un peccato insopportabile, ma pensiamoci bene? In caso di quarti di finale di Champions, e arrivo in quarta posizione (con la qualificazione diretta alla prossima Champions) varrebbe la pena esonerare un allenatore, e ricominciare di nuovo da capo? Quindi in definitiva in questa Roma ci sono diverse cose che non vanno, ma molte altre sulle quali si può costruire qualcosa di importante, radere di nuovo tutto al suolo non farebbe altro che compromettere una crescita graduale, alla quale, senza accorgercene, stiamo assistendo.
Tanti spunti e tante idee che comunque portano dentro un filo conduttore comune. Niente è perduto e bisogna ritrovare al più presto la Roma che avevamo ammirato fino alla partita di Genova. Poche chiacchiere e tanto lavoro. Questa sembra essere la soluzione che tutti ci auspichiamo che possa essere messa in atto.
Forza Roma.
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