Esclusiva FDR, Quadrini: “Totti e De Rossi rappresentano la Roma”

Ci sono calciatori che crescono con la maglia della Roma stampata addosso, la onorano fino ad arrivare in prima squadra. Debuttano con la lupa capitolina al petto per poi vedere la carriera prendere un’altra strada e terminare molto presto, in questo caso a 26 anni. Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Marco Quadrini, giovane promessa della Roma sul finire degli anni ’90 che ci ha raccontato la sua esperienza e i suoi ricordi di quando militava nelle file della squadra giallorossa.

D: Per un bambino sentirsi dire “ti vuole la Roma” deve essere davvero qualcosa di magnifico. Ci racconta le sensazioni che provò in quell’istante che capì che sarebbe stato tesserato dai giallorossi?

R: “Un’emozione fortissima nonostante avessi solamente 9 anni e la ricordo come fosse ora. Il secondo provino a Trigoria fu quello decisivo ed iniziò tutto con uno scherzo, infatti finiti gli allenamenti tre dei miei compagni mi dissero che fra noi quattro ero stato l’unico a non essere stato selezionato. Scoperta la verità è stato ancora più emozionante.”

D: Con la Roma giocò praticamente in tutte le categorie fino ad arrivare alla prima squadra. C’è un momento nel quale ha pensato di mollare tutto ( per qualsiasi motivo ) oppure ha sempre creduto che avrebbe un giorno calcato il manto erboso dello Stadio Olimpico ?

R: “Si, sono stato uno dei pochi o forse l’unico ad aver fatto tutta la trafila delle giovanili dall’inizio alla fine. Grazie all’impegno dei miei genitori e la mia passione per il calcio non ho mai avuto grandi difficoltà a giocare. Il percorso nelle giovanili è stato molto bello e naturale grazie alla perfetta organizzazione della Roma ed alla preparazione dei Mister che ho avuto.

La consapevolezza che un giorno forse sarei arrivato in serie A l’ho maturata durante l’anno di Allievi Nazionali grazie al Mister Aldo Maldera.”

D: Lei venne accolto dal presidente Dino Viola e si affermò con Franco Sensi (che poi la portò anche al Palermo durante la presidenza della società rosanero). Che ricordi ha di questi due grandi presidenti della storia della Roma? Ha degli aneddoti da raccontarci?

R: “Due grandi presidenti, difficili da trovare nel calcio di oggi. Del Presidente Viola ricordo la sua passione per la Roma, da me percepita nonostante fossi un bambino.

Con il Presidente Sensi invece ho condiviso direttamente molto più tempo: il primo contratto da professionista, le riunioni, i consigli, era una persona passionale che dava tutto per la Roma ed aveva molte aspettative su di me tanto da paragonarmi in una dichiarazione a Nesta.

La famiglia Sensi è stata sempre molto presente, inclusa la figlia Rosella
. In questi ultimi anni allo stadio, incontravo spesso con piacere la signora Maria Sensi che ha sempre continuato a seguire la Roma.”

D: Nelle giovanili veniva considerato una vera e propria promessa e indossò anche la fascia di capitano dei ragazzi giallorossi. Si ricorda in che occasione indossò la fascia da capitano per la prima volta? Che tipo di capitano era Quadrini?

R: “La fascia da capitano l’ho indossata per tutto il primo anno Allievi. È stata una bella responsabilità, che mi ha fatto crescere. Me la consegnò Mister Percoco e penso di essere stato un capitano che voleva essere da esempio per dedizione e costante impegno in campo.”

D: 8 dicembre 1998, 10 gennaio 1999. Cosa rappresentano per lei queste due date?

R: “Esordio in Coppa Uefa ed esordio in serie A. Due date magiche e fondamentali per la mia carriera.”

D: Nella stagione 1998-1999 lei venne chiamato per partecipare al ritiro con la prima squadra, Zeman allenatore. Quali immagini porta dentro al cuore di quel ritiro? Ha degli aneddoti da raccontarci? Zeman è così scontroso come sembra?

R: “Era giugno del 1998 e con la Primavera avevamo disputato da poco la finale per il titolo. Ricevetti la telefonata del mio procuratore che avanzò la proposta di Mister Zeman di portarmi in ritiro con la prima squadra.

Avevo raggiunto da pochi giorni un accordo con il Lecce di Mister Sonetti, ma l’idea anche solo di partecipare al ritiro con grandi campioni e con Mister Zeman prevalse e non ci fu scelta più bella e gratificante perché il ritiro poi si trasformò in conferma stabile nella rosa della Roma con un annata personalmente meravigliosa.

Del ritiro ricordo ogni istante ed ogni faticoso allenamento, essendo il più piccolo ero coccolato da tutti e ricordo che Micky Konsel mi chiamava “figlio”.

Per quanto riguarda mister Zeman oltre ad essere un maestro con principi di gioco che ritroviamo nel calcio di oggi a distanza di 20 anni è una persona meravigliosamente allegra, sempre con la battuta pronta, è stato il mio pigmalione.”

D: “Quella rosa aveva grandi campioni ma anche calciatori acquistati con molte aspettative non ripagate. Parlo di calciatori come Gustavo Bartelt, Ivan Tomic, Fabio Junior. Chi dei tre, secondo lei, avrebbe potuto dare più di quel che si vide in campo?

Ricordiamo che Fabio Junior veniva considerato in patria il nuovo Ronaldo… ed un pensiero invece su un altro giocatore che veniva sottovalutato ma che in campo molto spesso risultava esser decisivo, parlo di Dmitri Alenichev.”

R: “Tutti e tre erano dei validi giocatori: Fabio Junior non ha avuto il tempo di adattarsi al nostro ritmo, Tomic disputò una buona annata, mentre Bartelt aveva dei numeri da capogiro, peccato che non rimase in Italia. Alenichev era un centrocampista mancino tecnicamente molto valido, non era affatto sottovalutato e come dici, fu spesso decisivo come nell’azione del terzo gol di Totti nel derby.”

D: Quando Totti sfoggiò la maglia nel derby “vi ho purgato ancora” , Quadrini era in campo. Negli spogliatoi sapevate di questa maglietta di Francesco o ve l’aveva tenuto nascosto? Ci può descrivere l’emozione di un ragazzo che gioca un derby così sentito come quello della capitale?

R: “Sapevo che Francesco aveva pronta una sorpresa ma non sapevo di cosa si trattasse. Subentrai a Cafù dopo che la Lazio accorciò le distanze ed il gol di Totti del 3-1 fu una liberazione per tutti perché l’ultimo derby era stato vinto 5 anni prima, seguì una grande festa e ricordo che il giovedì a Trigoria vennero più di 8000 persone.”

D: Roma-Inter 4-5, quella gara in molti la ricordano come l’espressione migliore del calcio di Zeman. Lei ha affrontato Ronaldo, che ricordi ha di quella sfida e del fenomeno visto così da vicino?

R: “In quel periodo la serie A era costellata di campioni del calibro di Ronaldo, un fenomeno indimenticabile. È stata una partita spettacolare ricca di colpi di scena, peccato per il risultato, ma per emozioni e intensità resterà nella storia.”

D: Con l’arrivo di Fabio Capello lei non trovò spazio, volevamo sapere il perché e se già si vedevano le basi per poter vincere lo scudetto. Che ricordo ha di Fabio Capello come allenatore e come uomo?

R: “Mister Capello richiese subito calciatori molto affermati, e fui avvisato in partenza che come giovane promessa avrei avuto poco spazio. Rimasi a Roma fino a Gennaio, poi andai al Genoa. Capello lo ricordo come un grande gestore, un uomo di carisma, e le premesse per lo scudetto le creò fin da subito curando ogni particolare: ricordo che appena arrivato a Trigoria pretese la ristrutturazione di tutto l’edificio riservato a noi calciatori.

D: Lei è stato allenato da grandissimi allenatori sia nel settore giovanile della Roma che durante le sue esperienze in giallorosso e al Napoli. C’è un allenatore su tutti che non dimenticherà mai? Uno al quale è e sarà sempre riconoscente.

R: Nel settore giovanile sarò sempre grato a Mister Maldera, che è stata una grande persona oltre ad un ottimo allenatore, mentre nel professionismo sicuramente Zeman che da subito ha creduto in me, mi ha formato in serie A ed è per me un punto di riferimento anche per le sue idee di allenatore.
Come non ricordare nel settore giovanile anche i Mister Quintini, Superchi, Percoco e Sella e nel professionismo i Mister Tardelli, Rossi, Colomba e Simoni.”


D: Smettere di giocare all’età di 26 anni deve essere stata una scelta difficile . C’è qualcosa che cambierebbe nelle sue scelte o rifarebbe tutto?

R: “È vero, probabilmente ho smesso presto di giocare, ma questo mi ha permesso anche di continuare gli studi e laurearmi. Mi ritengo fortunato per le tutte le emozioni che ho provato e vissuto grazie al calcio, è stato un onore indossare la maglia della Roma e di altre squadre fantastiche come Genoa, Palermo e Napoli.

D: Oggi lei è presidente e allenatore dell’Acquacetosa, è tornato dove tutto ebbe inizio. Quale è la cosa più importante da insegnare ai giovani ? Le piacerebbe un giorno poter rientrare nel calcio “dei grandi”?

R: “Sto lavorando e studiando per questo, ho conseguito il patentino di allenatore professionista e sto facendo delle esperienze in giro osservando diversi allenatori. Nella mia società, l’Acquacetosa Centro Calcio, insieme allo staff cerchiamo di trasmettere oltre le nostre competenze tecniche, soprattutto i veri valori dello sport e della vita.

D: Le piace la Roma attuale? Cosa ne pensa dell’addio al calcio e alla Roma di gente come Francesco Totti e Daniele De Rossi?

R: “La Roma attuale sta lavorando bene, Fonseca sta dimostrando di essere un valido allenatore con un grande spirito di adattamento, anche se mi è dispiaciuto molto dell’esonero di Di Francesco che aveva dimostrato di essere un allenatore di altissimo livello.

Francesco e Daniele rappresentano la Roma, il loro addio è stato solo da giocatori perché per gli appassionati del calcio saranno sempre ricordati come simboli. Comunque credo che il loro non sia un addio alla Roma, ma un arrivederci.”

D: Un’ultima domanda: crede sia giusto riprendere a giocare o avrebbe preferito terminare il campionato data questa emergenza che sta vivendo il nostro paese?

R: “Se la guardiamo dal punto di vista della salute avrei preferito terminasse. Se la guardiamo dal punto di vista di quello che il calcio rappresenta a livello economico credo sia importante continuare.

Se la guardiamo dal punto di vista dei tifosi che sono in astinenza credo sarebbe bello riprendere.
Risultato finale 2-1″

A volte la vita è strana, si parte da una società da piccoli con un sogno e ci si ritrova da adulti a dover cullare in prima persona i sogni degli altri. Marco il suo sogno lo ha vissuto seppur non pienamene come avrebbe voluto ma nelle sue parole c’è una forza importante, quella di un bambino cresciuto con la Roma addosso e che oggi da uomo ricorda con tanto tanto orgoglio.

“Se non hai un sogno, sei uguale a tutti gli altri”.

Classe 87, nato e cresciuto con la Roma nell'anima. Scrivo per passione mettendo il cuore avanti ad ogni singola parola.

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