FRANCESCO TOTTI

Le parole di Lucrezia

“Caro Francesco,
tifo Roma da quando ho tre anni e non ho mai saputo come. Ricordo soltanto di avere visto una partita in tv e di essermi innamorata dei colori, dei cori e di te.
Ho sempre avuto un sogno, quello di giocare all’Olimpico, magari di calciare quel pallone insieme al mio Capitano. Come puoi immaginare, il mio è rimasto soltanto un sogno. Vuoi perché sono nata donna, vuoi perché i miei genitori non mi hanno mai iscritta a calcio (nonostante le mie urla e i miei pianti), sono arrivata a trasformare il mio sogno in qualcosa di più concreto: quello che chiedevo era semplicemente vederti giocare, magari anche dal vivo.
Non sono mai andata allo stadio, non ho mai visto una partita seduta sopra le gradinate, su negli spalti. La cosa mi ha fatto parecchio male. Immaginati quella che ormai è una ragazzina di diciotto anni seduta a casa con la tua maglietta, la sciarpa giallorossa e la tua figurina stretta tra le mani. Quanti pianti, quante grida, quanta gioia, sia nel bene sia nel male.
Vengo da una famiglia di Laziali, non puoi immaginare quale sofferenza, eppure sono riuscita a sopravvivere, a farmi comprare tutti i gadget possibili, senza riuscire a vederti. Quando ho saputo del tuoi ritiro mi sono sentita morire. È stato come se il mondo si fosse fermato e l’unica cosa che ho pensato è stata: “No, non può! Io non l’ho ancora visto, non possono farmi questo”
Mi sono sentita egoista, triste e delusa. Delusa dal fatto che tutto fosse stato detto con tanta leggerezza, quasi tu non fossi nessuno. E ho pianto, ho sofferto e sono corsa ad abbracciare papà. Quel papà biancoceleste che mi ha stretta forte, che mi ha accarezzato la testa e mi ha detto che no, non sarebbe finita così, che tu sei Francesco Totti e non puoi essere messo in panchina. Lui ha inveito contro tutti e mi ha promesso che a quella partita ci sarei stata, che tu saresti stato lì il giorno della mia prima partita, anche se la tua sarebbe stata l’ultima. Io vivrò il sogno il giorno in cui il tuo finirà e sarò lì a piangere e a gridare consapevole del fatto che sarà la prima e ultima volta che ti vedrò giocare.
Francesco, io ti voglio bene come un padre o un fratello maggiore.
Ti voglio talmente tanto bene che sono sopravvissuta in una casa di Aquile.
Ti ho amato, ti amo e ti amerò sempre come il mio unico Capitano”.

Lucrezia Postiglione

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