Perché di Roma non si guarisce

“A vorte nun dormo, penso e ripenso. Me arzo, me incazzo. Esulto e piagno, spesso nello stesso momento. Dotto’, che c’ho?”
“Niente de grave, sei da Roma…”
Ecco, appunto.
Non esattamente come una patologia, forse anche peggio. Romanisti si nasce, dicono.
‘tacci loro.
‘tacci mia.

Quella passione, quella voglia di rivincita di chi nasce ultimo e rincorre il primo posto per una vita intera. Nella speranza di farcela. Sì, quella maledetta speranza che spesso resta tale.
Ma questa è l’essenza romanista. E mica perché nun ce piacerebbe arriva’ primi a noi; no, perché non sempre nella vita ci si riesce.
Troppe variabili, troppe poche botte di culo e tante, troppe prese, invece. Non date retta a chi dice che volere è potere.
Nun è vero!
Volere è sognare, sperare. Rincorrere per poi cadere. Spesso, troppo spesso.
Ma la Roma è questo, la Roma è questa. È quer core che te scoppia ‘n petto per un coro della Sud all’ottantottesimo, dopo un calcio d’angolo guadagnato, quando il risultato dice male per noi.
La Roma è quella bandiera stretta in mano da un cucciolo giallorosso che ancora non sa quante volte si incazzerà per quei colori.
La Roma è la vena di Daniele De Rossi che pulsa rabbia e amore. Desiderio e rassegnazione.
La Roma è quella cotta al liceo che provi a dimenticare. Ma alla quale ripensi ogni notte prima di spegnere il mondo. O al mattino, appena sveglio, quanno vedi tu moje in assetto antisommossa che ti fa rinnegare, in rigoroso silenzio, quel maledetto pronunciato quella domenica di Maggio; quando magari hai dovuto rinunciare oltre che alla libertà, pure alla Roma.
‘tacci mia.
‘tacci sua.

“Dotto’, nun c’avrebbe mica ‘na pillola, quarcosa pe’ sta meglio…”
Di Roma non si guarisce, ci si ammala sempre più. Ma i romanisti lo sanno. E ne vanno fieri. Portatori sani di sacrificio e passione.
La Roma è questa, è quel desiderio che riaccende gli animi per esser tornati a lottare per l’Europa che conta dopo uno zero a uno sul campo della Samp.
Ebbene sì, stiamo messi male, molto male. Ma non importa. E non c’è Presidente o Stadio che tenga. Non esiste calciatore, Sindaco o Assessore che faccia allontanare da quei due colori.
Perché per quanto proviamo a dimenticare, ce la troviamo sempre là. In mezzo al petto, avvolta sul collo o lanciata a squarciagola dalla Curva assieme a mille, diecimila come noi.
La Roma è tutto e niente. È quella voglia che mi spinge a chiedere co’ chi giocamo ‘a prossima?
Perché di Roma non si guarisce.
‘tacci mia.
‘tacci nostra

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