Quello che resta dell’affare De Rossi

È finita una delle settimane più intense e per certi versi drammatiche della storia della Roma. Anche se poi, in realtà, l’idea di caos e di incertezza è stata più che altro frutto delle emozioni che l’intera vicenda ci ha regalato.

La situazione, a mente fredda è abbastanza chiara e lineare. Un’azienda (già, la AS Roma SpA è un’azienda) decide di non rinnovare il contratto ad un calciatore di 36 anni che a Gennaio scorso ha seriamente rischiato di dover dare l’addio al calcio giocato. L’azienda, poiché lo stesso calciatore è una bandiera del club, gli propone lo stesso trattamento che ha riservato al suo predecessore. Contratto da dirigente con ruolo a scatola chiusa.

Dall’altra parte c’è invece chi contesta ogni decisione dell’azienda perché l’azienda stessa, una volta insediatasi al potere, gli ha tolto tutti i privilegi di cui godeva nelle precedenti gestioni.

In mezzo ci siamo noi, i tifosi, quelli che alla Roma (non all’azienda) abbiamo dedicato la nostra vita, perché ne siamo follemente innamorati.

Bistrattati dall’azienda che ci considera come una piccola parte dei propri clienti. Quelli che si lamentano di tutto, a cui non sta mai bene niente. I classici clienti che è meglio perdere che trovare.

Usati e strumentalizzati invece da chi si vuol riprendere i vecchi privilegi. Frange politiche a cui la Curva Sud serve anche per fare proselitismo. Individui che l’amore per la Roma non sanno nemmeno cosa sia. Ma diventano i difensori degli antichi valori.

Non è un quadro molto lusinghiero, quello che abbiamo di fronte. Per continuare ad inseguire il sogno che ci tormenta da sempre, dobbiamo prendere coscienza che il calcio, e quindi la Roma, è diventato puro business. Comanda sua maestà il Fatturato. I risultati sportivi sono, in gran parte, determinati da quelli economici.

C’è qualcosa che possiamo fare per uscirne? Temo proprio di no.

All’azienda non interessiamo più. Paradossalmente possiamo anche disertare lo stadio, non fare gli abbonamenti, non comprare le magliette. Loro andranno avanti lo stesso, perché il principale cliente, cioè le TV, la farà sempre più da padrone. Orari assurdi, campionati spezzettati, interviste tra primo e secondo tempo, immagini dagli spogliatoi.

Il prossimo passo sarà la Super Lega Europea. La pietra tombale del calcio romantico. Europa di Serie A, Europa di Serie B e poi, trattati alla stregua del nulla, i campionati nazionali. Con buona pace dei tifosi che se vogliono, possono anche dedicarsi al cricket. Il Business non ha più bisogno di noi.

La storia di Daniele De Rossi, che per orgoglio personale rifiuta il ruolo da dirigente, non è altro che un grido disperato contro il calcio moderno. Noi ovviamente siamo dalla sua parte, ma se vogliamo continuare a seguire il calcio, dobbiamo prendere coscienza di quello che sarà il calcio stesso dei prossimi anni.

La storia delle manifestazioni di protesta invece si riassume nello striscione “No al nuovo stadio”. Rifiutare l’unica opera che potrebbe avvicinare la Roma alle grandi del calcio europeo, vuol dire non avere a cuore le sorti della Roma stessa. Del resto provate a pensare ad uno stadio di proprietà privata, dove la legalità viene garantita dalla proprietà stessa. Probabilmente sarà più difficile gestire attività come spaccio di droga, prostituzione e regolamenti di conti.

In ogni caso, quello che resta, è qualcosa di immensamente triste. 

Adesso abbiamo solo bisogno di tornare a sognare. L’augurio è che lo si possa ricominciare a fare già a partire dalla prossima stagione.

Perché, come ci insegna il buon Nick Hornby, c’è sempre la prossima stagione.

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