Come accade sempre quando suona la “campanella” di fine mercato è tempo di pagelle. E quella da consegnare alla Roma e al suo direttore sportivo, o più precisamente General Manager, Tiago Pinto, è senz’altro da mostrare con orgoglio in famiglia. La rosa a disposizione di José Mourinho, sulla carta, è senz’altro più forte rispetto a quella vista con Paulo Fonseca la scorsa stagione. E anzi, la famiglia Friedkin è quella che ha speso di più in Italia, oltretutto senza cedere al miglior offerente i suoi pezzi pregiati: quasi 100 i milioni di euro (98) alla casella acquisti, considerando anche i riscatti di Ibañez e Reynolds.

Da Rui Patricio ad Abraham: gli acquisti della Roma
Numericamente sono stati pochi i calciatori acquistati dalla Roma: in ordine di reparto Rui Patricio, Matias Viña, Eldor Shomurodov e Tammy Abraham. “Solo” cinque i volti nuovi, ma tutti tremendamente utili alla causa e soprattutto titolari. A cominciare da Rui Patricio che, arrivato dal Wolverhampton per quasi 12 milioni, sta finalmente dando quella sensazione di sicurezza che mancava da tanto tempo alla difesa romanista. Sulla fascia sinistra Viña ha già conquistato Mourinho ed è sulla buona strada per anche con i tifosi: non sarà Spinazzola, anche perchè ha caratteristiche molto diverse, ma una garra del genere, unita ad una buona qualità in fase di spinta, sta facendo rimpiangere il meno possibile l’esterno campione d’Europa.

Le altre due pedine sono arrivate in attacco. Il primo, quello che sarebbe dovuto essere anche l’unico, è Eldor Shomurodov. L’uzbeko era stato scelto come il profilo perfetto per sostituire Dzeko e, all’occorrenza, Mkhitaryan. Ma il voltafaccia del bosniaco così desideroso di andare all’Inter ha costretto la Roma a cambiare in corsa, con Pinto che in 5 giorni ha dirottato soldi e attenzioni dal regista al nuovo centravanti: Tammy Abraham, già beniamino dell’Olimpico con due assist e 1 rete in tre partite.

Le cessioni della Roma, restano pochi esuberi
Oltre agli acquisti la Roma aveva soprattutto bisogno di liberarsi dai disastri della gestione Monchi: salutare quei calciatori pagati a peso d’oro e da tempo fuori dal progetto tecnico era una delle priorità, anche visto il periodo Covid. Ed è qui che Tiago Pinto ha fatto quasi un miracolo: tolto Dzeko che lo ha scelto, la Roma è riuscita a liberarsi di Mirante, Juan Jesus, Pau Lopez, Pedro, Coric, Bianda, Bruno Peres, Kluivert, Florenzi, Pastore e si spera molto presto anche Olsen. I soldi incassati, ma era normale, sono stati pochissimi (giusto un paio di milioni per i prestiti onerosi), ma un bel gruzzolo potrà essere ricavato dai riscatti a titolo definitivo.

Il risparmio sugli ingaggi, però, ha dato un grosso respiro alle casse della Roma, rimpinguate continuamente dalla famiglia Friedkin. Restano ancora da piazzare Nzonzi, Fazio e Santon, ma qui si sfiora quasi il limite dell’impossibile visto che rifiutano tutte le destinazioni, preferendo continuare la loro villeggiatura in una città così bella come Roma.
Un mercato da 7,5
Restano ancora un paio le caselle più o meno scoperte all’interno della Roma di José Mourinho. La prima è certamente quella del regista, un ruolo per cui ormai Granit Xhaka sembrava sicuro, ma la trattativa con l’Arsenal non si è mai chiusa, anche a causa dei 40 milioni (da spendere) per Abraham. Cedendo tutti gli esuberi sarebbe potuto arrivare subito un altro centrocampista, ma il miracolo di Pinto si è compiuto quasi a metà, rimandando l’acquisto a gennaio o direttamente alla prossima estate.

Ad essere pignoli, vista la giovane età di Reynolds, sarebbe servito anche un terzino destro capace di far respirare Karsdorp, ma tant’è: la Roma ha sostituito Dzeko con Abraham, Pau Lopez con Rui Patricio, Spinazzola con Viña e Dzeko con Abraham, aggiungendo Shomurodov. Non solo spendendo più di tutti in Italia, ma anche senza cedere i pezzi pregiati. E soprattutto mettendo alla base del progetto un allenatore come Mourinho. Un mercato promosso a pieni voti, quindi, nonostante la mancanza della classica ciliegina sulla torta (che non è detto non arrivi a gennaio). Ma quattro vittorie in quattro gare sono il viatico migliore per una squadra che punta a qualificarsi in Champions League. Anche senza un regista puro.
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